Adesso ci stanno ripensando. O almeno così qualcuno vorrebbe far credere. Mentre ieri si è celebrata la temuta catastrofe sui mercati, che peraltro ha riguardato più i paesi come l'Italia che la Gran Bretagna che era la diretta interessata, accompagnata dalle ovvie reazioni politiche comprese le dichiarazioni di scissione di Scozia e Irlanda del Nord, oggi sembrerebbe che la Gran Bretagna volesse tornare sui suoi passi con messaggi di pentimento espressi sui social e manifestazioni per strada da parte di giovani entusiasti che si dicono scioccati dal risultato e di essere assolutamente pro Europa.

Sinceramente, escluse le logiche reazioni di Scozia e Irlanda del Nord che vedono venir meno vantaggi commerciali e finanziamenti agevolati o a fondo perduto, non si comprende perché da parte dei britannici ci dovrebbe essere questo amore sviscerato nei confronti dell'Europa.

La partecipazione dei britannici al progetto di Unione è sempre stata poco sentita, finalizzata solo a prendere qualsiasi possibile vantaggio, offrendo in cambio poco o nulla agli altri paesi. I britannici non hanno potuto opporsi però alla libera circolazione delle persone, per accettare quella delle merci. E questo fatto, per la maggior parte dei sudditi di sua maestà, ha determinato la volontà di uscire dall'Europa. La concorrenza di manodopera a basso costo che ha invaso l'isola, proveniente soprattutto da Polonia e Romania, ma anche dall'Italia, è probabilmente stata determinante nella decisione.


Un amore mai sbocciato quello fra Europa e Gran Bretagna che, anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, ha continuato a sentirsi impero, centro del mondo anche se questo non era più vero, almeno dal punto di vista politico. Però, soprattutto grazie alla sua presenza in Europa, Londra era diventata il centro finanziario più importante al mondo, nodo di congiunzione finanziario tra occidente e oriente. In futuro non sarà più così e sicuramente non potrà esserlo con le dimensioni attuali.

Ma il ripensamento britannico assume un aspetto più concreto nel milione di firme che finora sono già state raccolte. Per la precisione, la petizione per chiedere un nuovo referendum sulla Brexit ha raggiunto il milione e mezzo di firme in questo momento, ma si sta vertiginosamente incrementando di minuto in minuto. Lo si legge sul sito del Parlamento britannico dove sono pubblicate tutte le petizioni che poi vengono sottoposte alla commissione incaricata di valutarle per, eventualmente, metterle in discussione.

La petizione è per l'approvazione di una nuova norma che imponga un nuovo referendum se la differenza di voti tra il "remain" o il "leave" sia inferiore al 60% e l'affluenza dei votanti inferiore al 75% degli aventi diritto. Una richiesta piuttosto originale, anche se però va considerato che non è stato prospettato l'annullamento del voto in base alle condizioni climatiche. Una concessione non da poco!

Nel frattempo, in Europa si affilano le armi sulle modalità di separazione con le dichiarazioni del presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, che non fanno pensare ad un divorzio consensuale... tutt'altro.