Il New Oxford Shakespeare, l'opera omnia di William Shakespeare, di prossima pubblicazione per i tipi della Oxford University Press, riconosce ufficialmente che il Bardo si è avvalso della collaborazione di Christopher Marlowe (a sin. nell'immagine, a fianco di Shakespeare) nella scrittura dell'Enrico VI, Parti I, II e III, tanto da indicarlo esplicitamente come co-autore di tutti e tre i drammi storici.

A questa conclusione si è arrivati grazie al lavoro di un gruppo di 23 studiosi di cinque paesi diversi, che si sono avvalsi di tecniche tradizionali, insieme a più moderne metodologie di analisi computerizzata del testo.

La figura di Christopher Marlowe, anche lui poeta e drammaturgo, è stata sempre indissolubilmente legata a quella di Shakespeare, al punto da sospettare che in realtà si trattasse della stessa persona.

Della sua biografia si sa ben poco. Battezzato a Canterbury nel 1564, figlio di un calzolaio, Marlowe frequentò il Corpus Christi College a Cambridge e di lui si sospetta anche che sia stato una sorta di agente segreto per conto della regina Elisabetta.

Scrisse varie opere teatrali, al tempo molto popolari, fra cui Didone, regina di Cartagine, Tamerlano il Grande, L'ebreo di Malta , La tragica storia del Dottor Faust e Edoardo II.

La sua fu una vita molto breve. Morì nel 1593, a soli 29 anni. Una morte avvolta nel mistero e si disse che il suo assassinio fosse stato ordinato dalla regina a causa del suo ateismo. In realtà, come hanno dimostrato alcune ricerche condotte nel secolo scorso, Marlowe fu ucciso in una taverna, con un pugnalata in un occhio, che ne provocò l'immediato decesso, a seguito di una rissa per il pagamento del conto.

L'analisi computerizzata del testo ha consentito di individuare intere frasi, combinazioni di parole e singoli termini, che non compaiono nelle altre opere di Shakespeare, ma che sono, invece, frequenti in quelle di Marlowe. Si tratta di espressioni come familiar spirit, regions under earth, forsake me, miscreant, ugly, change my shape, suddenly surprise, ecc.

La tecnica usata ha permesso anche di andare più a fondo, al punto di riuscire a stabilire quando Shakespeare ha scritto sotto l'influenza di Marlowe e quando Marlowe ha scritto da solo.

Ma non sono state solo le tre parti dell'Enrico VI ad essere frutto di una collaborazione. Sono stata individuate 17 opere che hanno rivelato contributi di altri autori, spesso anche più di uno. In alcuni casi non si può parlare di veri e propri co-autori, ma di modifiche ed adattamenti apportati al testo originale prima della stampa. E' questo il caso di Tutto è bene quel che finisce bene, dove per la prima volta viene indicato il nome di Thomas Middleton.

L'opinione ufficiale degli studiosi era che Shakespeare non avesse avuto nessun collaboratore. Già nel 1986, quando uscì la precedente versione dell'opera omnia della Oxford University Press, dove si ipotizzava che otto opere potessero contenere contributi di altri autori, si gridò allo scandalo.

In realtà, si trattava di un numero sottostimato. Allora si trattava di otto testi su 39 (circa il 20%), oggi sono diventati 17 su 44 (il totale è aumentato a seguito di nuove attribuzioni). Il che significa che quasi i due quinti delle opere non sono tutta farina del sacco del vecchio William. Per molte, non è stato possibile individuare il nome degli altri autori, come nel caso di Marlowe e Middleton.