Il 2 marzo, la Commissione europea ha adottato una Raccomandazione come Piano d’Azione per gli Stati membri dell’Unione da seguire per le procedure di rimpatrio di uomini, donne e bambini che soggiornano irregolarmente nell’UE verso i paesi di origine o di transito.

Nella Raccomandazione si incoraggiano gli Stati membri ad effettuare rimpatri rapidi, che finiscono per limitare tutele di base e diritti che dovrebbero essere garantiti a tutti i migranti, ed in special modo quando questi sono bambini.

A seguire il comunicato dell'Unicef sulla vicenda.

Le agenzie delle Nazioni Unite e le organizzazioni per i diritti dell’infanzia temono che il pacchetto della Commissione europea sui rimpatri incoraggi gli Stati membri a effettuare “rimpatri rapidi” di persone – anche di bambini – con tutele procedurali ridotte e attraverso un aumento dell’utilizzo di sistemi detentivi. Questo approccio metterebbe in pericolo le vite dei bambini e violerebbe la Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, che tutti gli Stati membri dell’Unione europea hanno ratificato.

Accogliamo con favore il riferimento inserito nel documento sulla valutazione del superiore interesse durante la decisione di rimpatrio dei bambini non accompagnati. È essenziale che vengano applicate delle procedure forti che seguano il principio dell’interesse superiore prima della decisione di rimpatrio di ogni bambino – anche di quelli accompagnati dalle proprie famiglie. Tutto ciò non può tradursi in un esercizio di routine. Quando si valuta se il rimpatrio possa essere nell’interesse superiore del bambino, l’opinione del bambino stesso dovrebbe essere debitamente presa in considerazione. I rimpatri forzati e la detenzione sono estremamente pericolosi per i bambini e le famiglie. I bambini non dovrebbero mai essere detenuti per motivi d’immigrazione, neanche come ultima possibilità.

All’inizio di quest’anno, in Svezia, tre bambini afghani non accompagnati si sono tolti la vita. I responsabili dei casi hanno dichiarato che i bambini si sentivano soli e non erano capaci di gestire lo stress derivato dalle procedure, e neanche la prospettiva di essere deportati in un posto in cui non si sentivano al sicuro.

I bambini rimpatriati e le famiglie rischiano di essere rifiutati nei loro paesi di origine dalle loro famiglie o dalle comunità locali e di andare incontro a violazioni dei diritti umani. Affrontano spesso una forte discriminazione. Sono vulnerabili a sfruttamento, reclutamento da parte di gruppi armati o spinti ai lavori forzati.

Invece di rispondere ai danni già causati dalle politiche di rimpatrio dell’Ue e degli Stati membri, il documento della Commissione raccomanda misure che li aumenterebbero. Incoraggia minori tutele, decisioni di rimpatrio più veloci e automatiche, un numero maggiore di rimpatri forzati e di misure detentive.

Lontane dal rispondere alle vere sfide poste dalla migrazione in Ue, queste proposte non faranno che inasprire la situazione. Inoltre, non ci sono prove del fatto che i rimpatri forzati dissuadano le persone dal migrare. Farli ritornare a situazioni insostenibili aumenta il rischio di ulteriori cicli di migrazione precaria e non sicura.

Dietro le scelte politiche e gli obiettivi per rafforzare le decisioni di rimpatrio ci sono le vite di bambini e famiglie reali. L’Ue e i suoi Stati membri sono stati a lungo leader nel campo dei diritti dell’infanzia. Li sollecitiamo a portare avanti i loro impegni in favore di tutti i bambini, a prescindere dal loro status migratorio o di soggiorno.