Ci vediamo domani a Roma alle 10.30 alla Città dell'Altra Economia per un nuovo inizio! Così aveva annunciato ieri Roberto Speranza dal suo account facebook.

E il nuovo inizio si chiama DP, sigla speculare del Partito Democratico, ma che non va considerata come acronimo di Democrazia Proletaria. Capanna può dormire sonni tranquilli.

DP sta per Democratici e Progressisti e sarà il nuovo partito che dovrà accogliere i transfughi della sinistra PD e, forse, riunire le varie sigle costituite da coloro che in questi tre anni si sono sentiti traditi da Renzi e dal renzismo.

Roberto Speranza che ha battezzato il nuovo partito insieme a Enrico Rossi, Arturo Scotto e Massimiliano Smeriglio, ha ricordato che l'art.1 della Costituzione (L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro) sarà "il nostro simbolo, il nostro progetto per l'Italia".

Inoltre, nel suo intervento, ha voluto sottolineare che lo strappo con il PD è stato sui contenuti, riprendendo gli stessi temi citati da Epifani all'ultima Assemblea Nazionale: Jobs Act, scuola, trivelle...

Più "identitario" l'intervento di Enrico Rossi che ha rivendicato la necessità del riferimento ideologico rappresentato dalla sinistra come unico mezzo per combattere la deriva populista delle destre.

 

Questo il manifesto fondativo del nuovo partito.

Siamo donne e uomini che si impegnano in un movimento democratico e progressista con l’obiettivo di dare all’Italia un governo che corrisponda ai bisogni e gli interessi del nostro Paese.
Un progetto di governo che si avvalga dell’esperienza delle donne per realizzare una società più equilibrata, accogliente, meno individualista, che si batta per sviluppare una coscienza dei diritti e delle libertà fondamentali.

Pensiamo che l’Italia abbia urgente necessità di questo impegno per contrastare il populismo e l’avanzata delle forze antisistema e della destra isolazionista e reazionaria.

Per questo serve costruire e radicare in tutte le comunità un campo di esperienze democratiche e progressiste legate alle culture socialiste, liberali, cattoliche democratiche e ambientaliste, al mondo civico dell’associazionismo e del volontariato, alla grande mobilitazione popolare manifestatasi nel recente referendum costituzionale.

Per questo ci rivolgiamo a tutte e tutti quelli che hanno a cuore la cosa pubblica e il desiderio di cambiare l’Italia.

Questo processo costituente si propone di ricostruire un centrosinistra plurale, non soffocato da ambizioni leaderistiche e da pretese di arrogante autosufficienza che inevitabilmente porteranno alla vittoria dei nostri avversari, né dalla rassegnazione alla progressiva impotenza delle istituzioni democratiche, ma che sappia trarre nuova linfa vitale dai valori costituzionali dell’antifascismo e dalla storia repubblicana migliore, a partire dall’esperienza dell’Ulivo.

Un progetto all’altezza dei tempi che propone una sfida in Italia e in Europa per rilanciare una politica vissuta come efficace da chi è emarginato, escluso e sconfitto dalla globalizzazione neoliberista e dal saccheggio delle risorse della Terra.

Della nostra Costituzione assumiamo come principio guida l’articolo 1: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Il lavoro stabile e giustamente remunerato è la prima garanzia per un’equilibrata costruzione del sé e per un progetto di vita pienamente agito e realizzato. Per questo ci accorgiamo della sua importanza soprattutto quando non c’è. E il declino economico che ne consegue alimenta inevitabilmente anche un declino civile.

L’uguaglianza è la nostra bussola e una maggiore equità fiscale il nostro obiettivo. Combattere le disuguaglianze non è soltanto una richiesta di ordine morale che vuole affermare un elementare bisogno di giustizia, ma ha anche una sua natura e logica economica: se si allarga la forbice sociale si minano le condizioni stesse della crescita e quindi la possibilità di un’equa ridistribuzione dei profitti tra i cittadini.

Nessuno si salva da solo e nessuno può stare davvero bene se gli altri stanno male: la dignità della persona e il rispetto della libertà di ogni singolo individuo sono dunque un principio basilare sia in campo morale e civile, sia in quello economico e sociale. Bisogna anzitutto attivare politiche attive del lavoro incentrate sulla sua qualità. Nell’immediato significa arrestare l’uso indiscriminato dei voucher e di altre forme lavorative che costano poco. Anche per questa ragione è necessario fissare immediatamente una data per lo svolgimento dei referendum sul lavoro promossi dalla Cgil e sottoscritti da oltre tre milioni di cittadini.

Riconosciamo la libera iniziativa economica che può portare al dinamismo e alla crescita del Paese nel rispetto delle regole condivise e del principio di legalità. Siamo però convinti che l’istruzione, la sanità, la sicurezza e l’ambiente debbano avere un valore universalistico, senza distinzioni tra ricchi e poveri, perché sono beni comuni che definiscono il grado di civiltà e di democrazia di un Paese. La difesa dei beni comuni è la risposta che la politica deve dare a un bisogno di comunità e di partecipazione che è tornato a manifestarsi tra noi. Dobbiamo investire su misure universali di sostegno al reddito a contrasto dell’esclusione sociale, su politiche per il diritto alla casa, di promozione del diritto alla parità di genere, di supporto alle famiglie per le cure parentali, che potenzino l’offerta pubblica dei Comuni e delle Regioni.

La grande sfida dei democratici e dei progressisti è guidare il rilancio di un processo di integrazione europea ancorato alla Carta Costituzionale. Meno retorica europeista e più politiche su scala continentale per ridurre la forbice che si è aperta tra democrazia e sovranità in ambiti fondamentali come la difesa, le politiche fiscali, la sicurezza, la lotta alla povertà e l’aumento del bilancio Ue.

L’articolo 1 della Costituzione contiene un altro valore per noi fondamentale, quello di popolo. L’unico modo per arginare l’onda populista è quello di tornare a essere popolari. Ciò significa recuperare il rapporto con le periferie, quelle politiche, sociali, culturali e antropologiche, che oggi compaiono soltanto nella parola spirituale di papa Francesco. In queste periferie avanza una nuova destra, aggressiva, identitaria che sfrutta il disagio sociale per vendere false risposte ai vecchi e nuovi problemi sollevati oggi dai cittadini.

Ora tocca a noi dare risposte chiare, inclusive che riportino la sicurezza sociale nella vita quotidiana di ognuno di noi e rispondano a un’esigenza di protezione declinata secondo i valori della sinistra e di un nuovo centrosinistra di governo.

Vogliamo costituire un movimento aperto, non un partito, che sia anche la costituente di un rinnovato centrosinistra, perché non rinunciamo al progetto di una grande forza unitaria del centrosinistra e vogliamo essere da stimolo affinché il Partito democratico riprenda questo cammino arrestando la sua deriva neocentrista.

Da oggi il nostro lavoro è questo e lo vogliamo fare con tutte e tutti voi.

 

Tra le prime adesioni al nuovo partito, quella - peraltro già annunciata - di Vasco Errani che oggi ha ufficializzato il proprio addio al PD dal circolo di appartenenza di Ravenna. 

Nota di colore della giornata, l'esibizione canora del presidente della Toscana che ha cantato - si fa per dire - La locomotiva di Guccini. La canzone è tanto bella quanto nostalgica che, nonostante l'impegno profuso, Enrico Rossi non è riuscito a rovinarla... del tutto.