Papa Francesco, ha celebrato oggi con la Messa in Vaticano il Giubileo dei carcerati. "Perché loro e non io?" Questo si è chiesto il Papa durante l'omelia, ricordando che la pena che i carcerati devono scontare è conseguenza di una colpa derivata da uno sbaglio. 

Ma dalla consapevolezza dei propri errori arriva la redenzione, quindi, perché non dare poi "fiducia nella riabilitazione, nel reinserimento nella società" alle persone che hanno commesso uno sbaglio?

Per questo, Francesco indica coloro che restano indifferenti e ciechi nel negare un futuro a chi ha sbagliato come loro stessi carcerati "tra le strette pareti della cella dell’individualismo e dell’autosufficienza, privati della verità che genera la libertà". 

In tal modo, essi finiscono per negare la speranza cui i carcerati, invece, devono aggrapparsi. Speranza, oggetto del passo del Vangelo letto durante la Messa. 

"La speranza è dono di Dio. Dobbiamo chiederla. Essa - continua papa Francesco - è posta nel più profondo del cuore di ogni persona perché possa rischiarare con la sua luce il presente, spesso turbato e offuscato da tante situazioni che portano tristezza e dolore. Abbiamo bisogno di rendere sempre più salde le radici della nostra speranza, perché possano portare frutto. In primo luogo, la certezza della presenza e della compassione di Dio, nonostante il male che abbiamo compiuto. Non esiste luogo nel nostro cuore che non possa essere raggiunto dall’amore di Dio. Dove c’è una persona che ha sbagliato, là si fa ancora più presente la misericordia del Padre, per suscitare pentimento, perdono, riconciliazione, pace." 

Alla Messa in San Pietro, hanno assistito un migliaio di detenuti arrivati da diverse carceri italiane: Regina Coeli, Opera, Ucciardone, Poggioreale, Bollate... mentre all'esterno ha avuto luogo la marcia dei radicali a favore dell'amnistia.