Memorie di uno dei tanti

Una vita di affetti e di studio

di Antonino Ferraro, ed. Lulu.com

 

"Un viaggio a ritroso nel tempo, negli attimi di una vita che ne costituiscono la memoria. Un insieme di flash-back che ricompongono una vita, che non è come quella di tanti, ma unica nel suo intrinseco vissuto. Un testo quello di Antonino Ferraro che ridona il senso all'esistenza, l'esatta collocazione nella quale siamo chiamati a lasciare traccia di noi. Lo stile fluido, la profondità di alcuni momenti toccanti della vita dell'autore, l'emozione vissuta, i ricordi afferrati e mai lasciati andare, ci restituiscono un'opera che merita di essere letta e ricordata. Complimenti all'autore!" (Annamaria Risi - ilmiolibro.it)

 

STRALCI DAL LIBRO

 

“…Scrivo per te, dolce Gisella, per voi, figli, Guglielmo e Cinzia, per i vostri coniugi, Anna e Gianfranco, per i vostri figli, Marcello, Valerio, Simona, Federico, Silvia Ferraro e Giuseppe e Riccardo Morelli, carissimi tutti. Mi farete rivivere, quando mi leggerete e non ci sarò più, anche se quella non sarà vera vita, vita reale, che non tornerà mai. Mi conoscerete meglio. E forse, oltre al piacere di leggermi e di sentirmi con voi, avrete qualcosa di più....”

“…Scrivo anche per me, perché mi è bello ridar vita, come può fare la scrittura, ad alcuni momenti della vita reale che fu. Anzi, mentre cerco nella memoria e scrivo, mi pare di trasferirmi io stesso in quelli…”

 “…A noi studenti non piaceva, per la verità, vivere in quel posto così limitato, e non solo nello spazio, così sempre uguale, in quel che facevi e nelle persone che incontravi, vivere una vita così insignificante, in quel paese a cui affibbiavano un nomignolo così volgare che non voglio qui riportarlo. Volevamo che corresse più veloce la nostra corsa al futuro. Non sapevamo che il futuro, una volta raggiunto, ci avrebbe fatto ricercare sempre con struggente nostalgia quei luoghi, quei tempi e quella vita, perduti per sempre…”

 “…Mio padre era operaio. Nelle pagelle della scuola elementare che conservo, nella parte riservata all’indicazione della professione del genitore c’è scritto, con bella calligrafia (è quella di mio padre): ebanista. Con quel vocabolo, usato di proposito al posto del termine più comune, falegname, voleva indicare certo che possedeva qualcosa di più che un semplice mestiere. Egli si sentiva un artista, quasi come quelli che scolpiscono il legno e fanno statue e bassorilievi. Ed era veramente fine nel suo lavoro… aveva la battuta facile e il riso provocante nei confronti di qualcuno che riteneva avesse detto o fatto qualcosa di sciocco…”

“...Mia madre Concetta aveva tutte le qualità per diventare una donna colta. Ma sarebbe dovuta nascere e vivere in altro ambiente, familiare e sociale. I genitori, che avevano altri otto figli, per motivi economici e per i pregiudizi che, specialmente nei ceti più bassi, non consentivano di mandar fuori casa le figlie (nel paese c’erano solo le scuole primarie) non le fecero proseguire gli studi, dopo le elementari…”

“…Ricordo il primo bombardamento, nei primi giorni della scuola media, quando un aereo nemico si staccò dalla squadriglia, fece una picchiata e lanciò bombe, forse dirette sulla piazza antistante la scuola, dove eravamo assembrati in attesa della campanella d’inizio delle lezioni. Ricordo un cavallo grigio steso di traverso in una strada, squarciato il fianco, la lingua lunga sull’asfalto, i grandi occhi sbarrati, senza luce…”

 “…Quando più tardi, appena laureato, incontrai per caso la mia cara professoressa in via Etnea a Catania, dove si era trasferita, e la informai che molto probabilmente avrei proseguito gli studi nel campo della filologia classica, mi disse sorridendo: “Ma non dimenticare la poesia!” Fu l’ultima lezione…”

“…Vi avevo scritto così: “Tu mi hai infiorato il sangue col profumo della tua bellezza, la vita col sorriso celeste dei tuoi occhi, l’anima con la luce di una passione divina”. La frase ti piacque e l’hai ripetuta spesso nel corso della nostra felice vita coniugale, e non solo a me. Per questo la ricordo…”

“…Che dire poi della bellezza e freschezza e originalità dei lirici? Mi piaceva la schiettezza, la violenza, ma anche la delicatezza, in qualche frammento, di Archiloco, la dolcezza del malinconico Mimnermo, la passionalità senza veli di Saffo e la vivacità e ricchezza di colori della sua poesia. Di Pindaro cito un’immagine che è rimasta in me viva per tutta la vita: l’uomo è il“sogno di un’ombra”…”

“…Ammiravo, di Orazio, soprattutto la fiera indipendenza, la saggezza nelle Satire, l’eleganza e l’armonia dei versi, la nitidezza di immagini delle Odi, il perfetto accordo tra dottrina ed ispirazione. Lo consideravo, come è, un grandissimo lirico…”

“…Nella Divina Commedia, dove il poeta con pochi colpi di bulino e sapienti pennellate e soavi accordi sonori di parole diventa spesso valente scultore, pittore e musico, vedevo il sublime della poesia che, animata dalla più pura fede cristiana, raffigurava la vita dell’uomo, quella terrena e quella celeste, con tutto il bagaglio delle sue passioni e con tutta la sua più elevata spiritualità, con gli istinti più depravati e con i suoi più alti aneliti, e armonizzava prodigiosamente arte e scienza, tutto il sapere fino al Trecento: la storia, la filosofia, l’astronomia ecc…”

“…Mi sedetti e sostenni la prova più fiducioso. Ebbi ventinove, ma ritenni il voto più alto che non meritassi, perché brillante in tutto il resto avevo sbagliato il paradigma di un verbo, non facile, per la verità! Ma il professore era Quintino Cataudella!...”

“…All’inizio del quarto anno, per la tesi di laurea mi rivolsi al professor Cataudella. Questi, dopo aver visto i voti nel libretto, mi diede l’argomento: I primi due libri dei Memorabili di Senofonte. Non fu un lavoro facile e neppure breve, anche perché alcuni libri venivano dalla Germania. Ma le fatiche furono premiate. Nella discussione sulla tesi ricevetti gli elogi dei commissari. Uno arrivò a dire, lo ricordo benissimo, che il lavoro era “degno della scuola filologica italiana”. Per la verità inconsapevolmente avevo seguito l’orientamento di quella scuola, più rispettosa della tradizione rispetto alla filologia germanica, sostenendo l’autenticità dei due libri…”

“…Ma l’evento più importante fu la nascita del primogenito, di te, Guglielmo. Al vederti provai l’emozione più forte che mai. Eri bellissimo e sereno, non sembravi da poco uscito dal travaglio del nascere. Tante cose sentii, in quei momenti quasi di estasi, per la tua tenera vita, che era come la fusio ne di me e di tua madre, un ponte vivo che collegava più strettamente le nostre due vite…

“…E veniamo al professor Cataudella. Ne parlerò da allievo, che ebbe la fortuna di averlo come maestro ed amico.… Dava molta importanza alla sua funzione di maestro. L’amore per l’Antico lo portava alla ricerca e formazione di altri amanti di quel mondo. Ed era un sodalizio fondato su nobili valori… l’esplorazione di quel mondo passato, e tuttavia per lui sempre presente, il desiderio di conoscerlo e farlo conoscere sempre meglio lo assorbivano quasi del tutto. Quella sera mi disse, quando stavo per andarmene: “Si ricordi che ha in me un amico”. Quella parola, che vola troppo facile dalla bocca di persone comuni, alla quale non sempre corrisponde un autentico sentimento, detta da quel gigante, mi diede un’emozione indicibile…”

“…Quanto a voi, nipoti, diverse voci fanno un concerto armonioso. Non ci si annoia mai. Siete stati sempre affettuosissimi coi nonni. Vi è piaciuto sempre dialogare con noi, per lo più avete condiviso i nostri punti di vista, ma qualche volta avete saputo contrastarli tenacemente, quando non vi sembravano giusti…”

 “…Con te, Marcello, ho avuto un rapporto particolare perché durante i tuoi cinque anni di studi liceali sei stato mio allievo privato. Mi hai dato la possibilità e la soddisfazione di chiarirti, in un dialogo quasi giornaliero, o col telefono o col computer, argomenti dei programmi scolastici, riguardanti specialmente le lingue classiche. Agli esami di maturità hai conseguito un buon voto. Ora, dopo qualche incertezza, hai scelto gli studi filosofici e dai primi esami vedo che hai fatto bene. Auguri! Ricerca sempre il vero con determinazione, arricchisci il tuo sapere di valide acquisizioni, che ti facciano diventare un uomo probo e saggio e, se possibile, aggiungi qualcosa alla scienza filosofica, ma in tal caso scrivi, affida alle stampe il tuo pensiero. Quando insegnerai, sappi far amare la filosofia e sii giusto. Ti auguro particolarmente, dato che “primum vivere deinde philosophari”, di non penare tanto nella difficile conquista del posto di lavoro…”

 “…I miei figli hanno le belle qualità umane che noi genitori abbiamo sempre cercato per noi e che abbiamo trasmesso loro due volte, una grazie alla natura, l’altra con l’educazione. Ed io mi ritengo fortunato ad averli così come sono. Hanno equilibrio e serietà. Sanno distinguere bene tra l’essenziale e il futile. Badano alla sostanza e non all’apparenza, non amano i privilegi, non cercano amici in vista di vantaggi, ritengono giusto che si riceva solo ciò che si merita, anche se con amarezza constatano continuamente che il merito non prevale sulla raccomandazione, sono leali e affabili nei rapporti con gli altri. Non sono egoisti, né calcolatori in vista di vantaggi, detestano l’ipocrisia. Sono modesti, ma consapevoli delle loro capacità, che non sono irrilevanti sia nella sfera dei sentimenti che in quella del pensiero….”

 “... Non ho un buon rapporto con i numeri…Mio figlio, invece, che pure mi somiglia in tanto, ama i numeri, ama la matematica e la fisica, è logico serrato. La natura, giustamente, non fa i figli uguali ai padri…”

“…Parevi serena. Ti stendesti chiudendo gli occhi. Mi stesi anch’io vicino tenendoti la mano. Pensavo che dormissi. Non ti svegliasti più. Esalasti l’ultimo stanco respiro verso mezzanotte. Te ne andasti senza poter dire: addio! Ma forse è meglio così, andarsene dormendo. L’ultimo addio, consapevole, sarebbe stato straziante.”

 

La mia lirica

Poesia di sentimenti e riflessioni

di Antonino Ferraro, ed. Lulu.com

 

"Bellissime poesie, scritte e dipinte con il cuore. Brevi frammenti d'anima che esprimono la profondità del vissuto e la lucidità di uno sguardo che coglie ancora la luce. Un tocco soave che resta in memoria." (Annamaria Risi - ilmiolibro.it)

 

STRALCI DAL LIBRO

 

Alla mia donna che non c’è più

Non sento più,

mai più potrò sentire,

della tua voce calda

che mi chiamava

il canto.

Accorrevo

ad aiutar

le fragili tue mani.

Ora la sento,

ma non è la tua.

Ora la sento

muta nella mente.

E correr ti rivedo

in questa casa,

in questo regno tuo,

dove regina eri

senza scettro,

che voleva servir

più che servita

essere,

che per tutti,

sposo, figli e consorti,

nipotini,

ancor che stanca

preparava.

Ti rivedo

sulla poltrona,

avvolta nella coltre,

parlar a lungo

col lontano figlio

e coi nipoti adorati,

consigliando,

raccomandando

e intensamente

pregar l’eterno Iddio.

Ma veramente

io ti rivedo?

Vuota è la tua sedia,

vuote son le stanze.

Il bel sorriso tuo

dovunque ora

dai ritratti sui mobili

m’attrista.

 

La corsa della vita

Nuvole bianche leggere

nel cielo ventoso

correndo, si sciolgono. Penso:

la Vita è una corsa.

Chinandosi i rami sussurrano:

“È vero. Pur noi, che non sembra,

corriamo. Corre quest’aura,

che ora ci muove e si perde.

Corron le luci lassù

che brillano da lontananze

abissali. Con tempi diversi

corrono tutte le cose.

Splendon di luce, di forme, di suoni.

E vanno,

chissà dove.”

 

L’invidia

Forte è il suo arco,

ma la freccia punta

ai prossimi bersagli.

Che le importa,

se c’è un re,

ch’è potente e fortunato,

o uno scienziato illustre

o un sommo artista?

Non li conosce,

troppo son lontani.

Meglio è dolersi

per il ben che hanno

i più vicini.

 

Un mattino paesano

La luce d’oro del sole

svegliava il giorno,

scaldava i tetti.

Sopra il campanile

col murmure continuo

della corte

e il collo gonfio

ruotavano i colombi.

Si tergean le piume

sopra il cornicione,

di bianco picchiettati

i neri storni.

Il dolce canto,

inno alla nuova

vita, alto fremendo,

sull’albero

effondeva il cardellino.

Invitava

a messa il tintinnar

della campana,

s’animava la piazza.

 

 

SOCIETÀ DANTE ALIGHIERI - Comitato di Cosenza

PRESENTAZIONE dei libri di Antonino Ferraro

  • Memorie di uno dei tanti
  • La mia lirica

Introduce

Maria Cristina Parise Martino - Presidente Società Dante Alighieri - Cosenza

Relazionano

Mariuccia Giannicola Luberto - Vicepresidente Società Dante Alighieri - Cosenza

Flavio Nimpo - Docente Liceo Classico B. Telesio di Cosenza

29/10/2014

 

INTERVENTO dell’autore

INTERVENTO della professoressa Maria Giannicola Luberto

 

Biografia di Antonino Ferraro

Antonino Ferraro è nato a Santa Croce Camerina (Ragusa) nel 1929. Dal 1960 risiede a Cosenza. Laureatosi con lode in lettere classiche presso l’Università di Catania, discutendo la tesi sull’autenticità dei primi due libri dei Memorabili attribuiti a Senofonte, relatore il Prof. Quintino Cataudella, ha insegnato latino e greco nei licei fino all’età pensionabile. L’editore Rubbettino gli ha pubblicato, nel 2006, una traduzione in "esametri" italiani delle Bucoliche di Virgilio.