La legge sulle unioni civili e l'annunciata legge sulle adozioni, che dovrebbe tener conto anche di quelle relative a coppie omosessuali, cominciano a produrre effetti sulla maggiornaza di governo e, in principal modo, su quei partiti che ritengono, più di altri, di poter rappresentare gli interessi dell'elettorato cattolico, almeno quello che in passato aveva visto in Berlusconi e in Forza Italia la nuova DC.

Quindi, non deve sembrare sorprendente la proposta della ministra della Salute Lorenzin che, prendendo in contropiede pure il suo collega di partito Costa, pure lui ministro ma con delega alla Famiglia, se ne è uscita annunciando che nella prossima legge di stabilità il bonus di 80 euro al mese per il primo figlio, concesso alle famiglie con reddito Isee tra 7.000 e 25.000 euro l’anno, sarebbe stato raddoppiato, annunciando anche, in base al reddito, altri incrementi per i figli successivi. Per carità, si tratta di una proposta, ha sottolineato la Lorenzin, e di rimando il Governo ha precisato che nulla ancora è stato deciso.

Ma il valore politico dell'anticipazione indica la necessità di riacquistare consensi soprattutto verso l'elettorato cattolico. Non che i non cattolici vedrebbero l'aumento come qualcosa di negativo, ma bisogna anche rammentare il momento in cui è stato fatto l'annuncio. Il 14 maggio si è svolto a Roma un incontro organizzato dal cattolicissimo Forum per le famiglie che ha ricordato al ministro Costa, presente alla riunione, l'assoluta insoddisfazione per le ultime scelte di governo in materia di famiglia.

I sindacati, però, non sono così tanto d'accordo con l'iniziativa. Infatti, il bonus non risolve molti problemi strutturali che ancora continuano a persistere.
Chi si ricorda della campagna fatta da Matteo Renzi per farsi eleggere segretario del Partito Democratico? Uno dei punti del suo programma, ripetuto quasi come un mantra, era la costruzione di asili. Dopo che Renzi è diventato presidente del Consiglio, qual è la situazione?  Oggi  centinaia di migliaia di bambini, soprattutto quelli  nella fascia della prima infanzia, sono esclusi dagli asili.

Secondo uno studio della Cgil, in Italia ci sono più di 900.000 bambini nella fascia tra i sei mesi e i due anni che non possono usufruire di un asilo nido. Oltre alla scelta delle famiglie, le cause sono dovute ad un'offerta pubblica scarsa e alle richieste dei privati che sono fuori portata per le tasche di molti italiani.

Quindi, se invece dei bonus, si intervenisse in maniera seria e strutturale per risolvere il problema, ne benificerebbero non solo molte famiglie, ma si avrebbe anche la possibilità di creare ulteriori posti di lavoro, senza dimenticare che, in  tal modo, chi adesso è costretto a rimanere a  casa a badare i bimbi avrebbe la possibilità di cercarsi un'occupazione.

L'attuale offerta di asili nido riesce a garantire il servizio per circa 300.000 bambini nella fascia d'età da zero a due anni, pari a circa il 18% del totale. Nei paesi scandinavi questa percentuale è intorno al 50%, mentre, in base alle indicazioni dell'UE, la copertura avrebbe dovuto essere del 33% entro il 2010.