Questa mattina, Matteo Renzi, ancora impegnato a Bruxelles per il Consiglio europeo, si è fatto intervistare a Rtl 102.5 su legge di bilancio e, soprattutto sulla cena di Stato offerta in suo onore da Obama. Specialmente quest'ultimo argomento sarà ripetuto spesso e ossessivamente sui media, nei prossimi giorni, in modo da far capire agli italiani la certificazione della grandezza della figura di statista di Matteo Renzi.

Dell'intervista, però, quello che ha sorpreso i più, è stata la dichiarazione di Renzi sulla vicenda relativa alla mozione dell'Unesco sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme: «Ho chiesto al ministro degli Esteri di vederci subito al mio ritorno a Roma. Se c'è da rompere su questo l’unità europea che si rompa.»

A cosa si riferisce Renzi? Il 14 ottobre, in una risoluzione Unesco presentata dai palestinesi e sottoscritta da Egitto, Algeria, Marocco, Libano, Oman, Qatar e Sudan si chiedeva di riconoscere, oltre al fatto che Gerusalemme è città santa per Ebraismo, Islam e Cristianesimo, che la Spianata delle Moschee, indicata le testo soltanto con il suo nome in arabo Haram ash-Sharif, è luogo sacro solo ai musulmani, aggiungendo anche un esortazione allo stato di Israele a rispettare "lo status quo che prevaleva fino al settembre 2000", condannando le misure prese "contro la libertà di culto e l’accesso dei musulmani al loro luogo sacro: la moschea di al-Aqsa/al-Haram ash-Sharif".

Questa mozione aveva ricevuto 24 voti a favore e 6 contrari - tra questi Usa, Gran Bretagna e Germania - con 26 stati che si erano astenuti, Italia compresa.

Già questo voto aveva mandato su tutte le furie le associazioni ebraiche di tutto il mondo e, in primis, lo stato israeliano che, tramite il suo ministro dell'Istruzione Naftali Bennet aveva dichiarato la sospensione di qualsiasi cooperazione con l’Unesco.

Il testo, preliminare, è stato votato di nuovo a Parigi il 19 ottobre, ricevendo il via libera definitivo, con i vari paesi - ad eccezione del Messico che si è aggiunto alla lista degli astenuti - che hanno confermato il voto di cinque giorni prima, con nuove proteste da parte di Israele e associazioni ebraiche.

La risoluzione approvata dall'Unesco, sostanzialmente, invita Israele ad impegnarsi a porre fine alle provocazioni della destra israeliana, i cui attivisti, spacciandosi per turisti, frequentano il luogo con il solo scopo di provocare e creare tensione. Nel settembre del 2000, Ariel Sharon con la sua passeggiata sulla Spianata causò scontri che dettero il via alla cosiddetta seconda intifada.
Il motivo per cui gli ebrei rivendicano il diritto a pregare in quel luogo è motivato dal fatto che lì sorgeva il Tempio distrutto dai romani nel 70 dopo Cristo.

Inoltre, nella risoluzione si denunciano scavi e infrastrutture costruiti unilateralmente da Israele nell’area che comprende anche la Spianata delle Moschee oltre al "crescendo di aggressioni e di misure illegali contro la libertà di preghiera dei musulmani nei loro luoghi santi".

Infine va ricordato anche che il documento Unesco ribadisce il ruolo di Israele a Gerusalemme est come quello di potenza occupante, in linea con il diritto internazionale e le risoluzioni dell’Onu 242 e 338 votate dopo la Guerra dei Sei Giorni.

Il direttore generale dell'Unesco, Irina Bokova, già il 14 ottobre, aveva rilasciato una dichiarazione sull'argomento, ribadendo il ruolo di neutralità dell'organizzazione delle nazioni unite.

Questo un passaggio del suo discorso: «In this microcosm of humanity’s spiritual diversity, different peoples worship the same places, sometimes under different names. The recognition, use of and respect for these names is paramount. The Al Aqsa Mosque / Al-Haram al-Sharif, the sacred shrine of Muslims, is also the Har HaBayit – or Temple Mount – whose Western Wall is the holiest place in Judaism, a few steps away from the Saint Sepulcher and the Mount of Olives revered by Christians.

The outstanding universal value of the City, and the reason why it was inscribed on the UNESCO World Heritage list, lies in this synthesis, which is an appeal for dialogue, not confrontation. We have a collective responsibility to strengthen this cultural and religious coexistence, by the power of acts and also by the power of words. This requirement is stronger than ever, to bridge the divisions that harm the multi-faith character of the Old City.»

La dichiarazione di Renzi, pertanto, è sorprendente sia perché la vicenda era non certo all'ordine del giorno, sia perché sminuisce il ruolo del ministro degli Esteri Gentiloni, strigliato pubblicamente come l'ultimo arrivato tra i garzoni di bottega.

Inoltre, questa uscita di Matteo Renzi rafforza la frecciata di Massimo D'Alema, detta qualche settimana fa, che lo indicava come un burattino alla mercé di Israele e dei suoi servizi segreti.

Soddisfatte le comunità ebraiche in Italia per le parole del presidente del Consiglio: «Una vicenda allucinante, ho chiesto al ministro Esteri di vederci subito al mio ritorno a Roma. È incomprensibile, inaccettabile e sbagliato. Ho chiesto espressamente ieri ai nostri di smetterla con queste posizioni. Non si può continuare con queste mozioni finalizzate ad attaccare Israele. Se c'è da rompere su questo l'unità europea che la si rompa».

Parole sottolineate con soddisfazione anche dalla Presidente dell'UCEI, Noemi Di Segni, che dichiara: «La speranza è che documenti simili non solo non trovino voto contrario ma proprio non arrivino mai più sul tavolo di organizzazioni che dovrebbero assolvere al loro vero fine istituzionale. Che nessuno possa mai più giovarsi della loro legittimazione per iniziative come quella degli scorsi giorni».