Carles Puigdemont i Casamajó, sindaco di Girona dal 2011 al 2016, è l'attuale presidente della Generalitat de Catalunya dal 2016.

Oggi è lui il punto di riferimento dell'indipendentismo catalano che mira alla separazione della Catalogna e, più in generale, dei Paesi catalani da Madrid, per diventare stato sovrano all'interno dell'Unione europea.

Indipendentismo, va detto, che permea in profondità tutta la società catalana trovando in essa un largo consenso, basandosi sull'idea che i catalani siano una nazione per la propria storia, la propria lingua, la propria cultura... ed una indipendenza economica che, distaccandosi dal resto della Spagna, non vedrebbe certo penalizzata Barcellona ed il territorio circostante.

Già il 9 novembre 2014 la Catalogna tenne un referendum per chiedere ai propri cittadini l'autodeterminazione del Paese. Anche in quel caso la Corte costituzionale spagnola, il 25 marzo ne dichiarò l'illegittimità, prima che tale referendum si tenesse.

Nonostante ciò la Generalitat de Catalunya comunicò che la consultazione si sarebbe tenuta ugualmente. L'8 aprile intervenne allora il parlamento spagnolo ribadendo che il referendum non poteva svolgersi. Due settimane dopo il governo catalano confermò la data del 9 novembre e lo svolgimento della consultazione, nonostante il valore simbolico dell'evento.

A votare furono il 35,9% degli aventi diritto e di questi l'80,72% si espresse per la piena indipendenza della Catalogna.

Dopo tre anni, il 9 giugno 2017 il Presidente della Generalitat de Catalunya, Carles Puigdemont, ha di nuovo annunciato l'intenzione di indire per il prossimo 1 ottobre un nuovo referendum (1-0), ma stavolta di natura vincolante, sempre sull'indipendenza della Catalogna.

Il Parlamento della Catalogna, lo scorso 6 settembre, ha approvato con un decreto legge il referendum con valore vincolante sull'indipendenza dalla Spagna della Catalogna, che diventerebbe repubblica, stabilendone la data al 1 ottobre 2017.

Il Governo di Mariano Rajoy ha chiesto il parere della Corte Costituzionale spagnola che si è espressa dichiarando tale consultazione "illegale" in base alla violazione dell'articolo 2 della Costituzione che sancisce "l'unità indissolubile" dello Stato.

Il Governo spagnolo, forte di una posizione legale inattaccabile, avrebbe potuto dichiarare illegittimo ed inutile tale referendum. I catalani, quasi certamente, sarebbero comunque andati avanti ed il 1 ottobre avrebbero votato ugualmente. A quel punto, in base all'esito, il Governo spagnolo avrebbe potuto iniziare una battaglia legale con ricorsi e controricorsi ai vari tribunali europei che avrebbero fatto passare nel dimenticatoio qualsiasi velleità separatista dei catalani.

Ma non è stata la politica del lasciar fare quella scelta da Rajoy che, invece, ha deciso di impedire lo svolgimento del referendum fino ad arrestare, nei giorni scorsi, tra funzionari ed esponenti del governo regionale, 14 persone - in quanto principali organizzatori dell'appuntamento elettorale - e tra queste Josep Maria Jové, braccio destro del vice presidente catalano, Jordi Graell, direttore del dipartimento di attenzione ai cittadini del governo e Jordi Puignero, presidente del Centro delle telecomunicazioni. Alcune di loro sono state successivamente rilasciate.

Il governo di Madrid non si è limitato solo a questo, sequestrando anche il materiale necessario all'organizzazione dei seggi per la consultazione del primo ottobre, tra cui le notifiche di convocazione destinate agli elettori e dieci milioni di tessere elettorali.

Il risultato di Rajoy, come un qualsiasi bambino di media intelligenza che frequenti l'asilo avrebbe potuto prevedere, è stato quello di far scendere in piazza a Barcellona centinaia di migliaia di persone e di far schierare a favore del referendum la quasi totalità delle municipalità catalane. Così, anche i catalani che non erano interessaTi alla consultazione o addirittura contrari, adesso sono pure loro diventati indipendentisti.

E, ovviamete, Carles Puigdemont, nonostante sequestri e arresti ha confermato che il primo ottobre si voterà ugualmente.

Da notare anche la particolare situazione che esiste a Barcellona. Come abbiamo imparato a seguito del tragico attentato sulla Rambla dello scorso agosto, la Catalogna ha un proprio corpo di Polizia, i Mossos d’Esquadra. Durante l'attuale crisi con Madrid i Mossos d'Esquadra hanno mostrato una notevole passività nel dare seguito agli ordini della Procura generale provenienti da Madrid, tanto che per controllare la situazione sono state aumentate le forze della Guarda Civil.

Non solo, è di questo venerdì la decisione del Governo di Madrid di inviare a Barcellona rinforzi appartenenti a Polizia e Guardia Civil a supporto dei Mossos d'Esquadra, la polizia regionale catalana.

Inoltre, il ministero dell'Interno spagnolo ha detto di aver sospeso, in via eccezionale, permessi e vacanze delle forze di sicurezza che rimarranno allertate per le prime settimane di ottobre a causa del referendum in Catalogna.

Una fonte dell'autorità portuale di Barcellona ha confermato che dallo scorso mercoledì il traghetto Rhapsody - che dispone di 500 cabine ed è in grado di ospitare fino a 2.448 persone - è all'ancora nel porto, noleggiato dallo Stato spagnolo per ospitare le forze di polizia.

Una situazione che ha sempre più del paradossale e rischia di divenire incontrollabile.