L’offensiva di carta. La grande guerra illustrata è il titolo della mostra allestita dal 31 marzo 2017 al 7 gennaio 2018 presso il Castello di Udine.

5.700 sono i pezzi tra giornali, periodici, bollettini, manifesti, volantini e pubblicazioni, relativi alla Grande Guerra, che costituiscono il Fondo Luxardo dei Civici Musei Udinesi, uno tra i più importati al mondo.

La mostra ne esplora il materiale dal punto di vista dell'illustrazione, allargandone i confini al cinema d’epoca fino ad arrivare agli illustratori contemporanei. La mostra è a cura di Giovanna Durì, Luca Giuliani, Anna Villari con la collaborazione di Sara Codutti e Fernando Orlandi.

Queste le parole di Anna Villari a commento dell'evento.

«Quando l’Italia entra in guerra, dal punto di vista artistico il paese sta ancora assaporando le delizie e i compiacimenti del gusto art nouveau, che aveva portato il paese a partecipare di una tendenza internazionale che aveva nell’eleganza del segno e nella leggerezza delle atmosfere le sue chiavi di volta.

In un versante culturale più raffinato ed esclusivo, nei primi del secolo si era manifestato un altro e ben diverso versante espressivo, e il mondo dell’arte era stato attraversato da inquiete correnti tardo simboliste, in parte vicine a influenze mitteleuropee e secessioniste, e da fermenti futuristi e d’avanguardia, ancor più audaci e rivoluzionari.

Allo scoppiare della guerra, sia le raffinate atmosfere liberty sia le più innovative sperimentazioni moderniste, secessioniste e d’avanguardia, appaiono improvvisamente inadeguate a comunicare attraverso i vecchi e nuovi canali dell'illustrazione popolare, ora utilissimo veicolo di propaganda – le vignette sulle pagine dei giornali, le cartoline, i manifesti stradali -, e a parlare con un linguaggio efficace e insieme rassicurante tanto ai soldati che alla popolazione, sempre più invitata a sostenere, emotivamente e economicamente, il conflitto in corso.

In misura ancora maggiore durante l’ultimo anno di guerra, quando l’istituzione da parte dello Stato Maggiore dell’Esercito di un apposito Servizio dedicato alla propaganda si preoccupa di confortare e rinvigorire la fede patriottica delle truppe anche attraverso la diffusione di giornali illustrati, molti artisti si trovano dunque in un certo senso impreparati, anzi quasi imbarazzati, chiamati a svolgere un nuovo ruolo ma improvvisamente privati di un sistema di riferimento formale e stilistico: non più solo artisti, illustratori o decoratori, o individualità impegnate in una personale ricerca espressiva, ma parte fondamentale di un nuovo meccanismo, quello della comunicazione, indispensabile alla società e, in quel momento drammatico, considerato addirittura determinante per le sorti del Paese.

Come rispondono a questa urgenza gli artisti e i professionisti dell’illustrazione, coinvolti e chiamati a comunicare, in un certo senso anche a "vendere" la guerra?

Molti degli illustratori attivi nelle redazioni di riviste come San Marco, La Trincea, La Tradotta, Il Montello, La Ghirba, Signorsì - tra i quali numerosi erano quelli arruolati e in zona di guerra - provengono o confluiranno nel mondo della grafica editoriale, dei giornali e dell’illustrazione di libri per l’infanzia, un genere che si era via via consolidato nell’Italia post risorgimentale, fino a trovare una propria nicchia editoriale e di mercato.

Una scelta significativa, visto il carattere eminentemente educativo delle attività coordinate dal cosiddetto "Servizio P", che vedeva tra le fila dei suoi intellettuali e animatori un pedagogista del calibro di Giuseppe Lombardo Radice.

La vocazione edificante, i toni di monito, incitamento, scherzoso supporto psicologico usati di volta in volta nelle diverse rubriche, negli articoli, e in modo ancora più immediato e empatico attraverso le immagini, erano del resto dopo Caporetto chiare direttive dello Stato Maggiore, e obiettivo primario dei giornali destinati ai soldati.
Tra uno stile giocoso e fantastico ereditato da quel mondo, o il ricorso a caricature e deformazioni satiriche che rappresentano appena una leggera evoluzione, per stile e per gusto, di quelle che ritroviamo nei giornali di tardo Ottocento, emergono però anche straordinarie e nuove esperienze figurative: come quelle di Umberto Brunelleschi e Antonio Rubino, che saranno nei decenni a venire tra i più rinomati illustratori italiani, autori di tavole sorprendenti per taglio, complessità compositiva, ricchezza cromatica, libertà narrativa.

Oppure - oltre ad alcune pressoché sconosciute vignette del grande cartellonista Leonetto Cappiello - spiccano le produzioni di autori meno noti al grande pubblico come Enrico Sacchetti, Filiberto Mateldi, Bruno Angoletta, Primo Sinopico tra i tanti, nei decenni a venire protagonisti della grafica, del cartellonismo e dell’illustrazione italiana.

O ancora, risultano di una qualità e spesso di una originalissima audacia inventiva le illustrazioni di artisti a tutto tondo, per i quali i giornali di propaganda divengono occasione per nuove ricerche, e l’illustrazione di guerra sembra essere non solo una parentesi obbligata, ma una reale palestra, avvio a futuri sviluppi.

Pubblicano vignette su La Ghirba di Ardengo Soffici un giovanissimo caporale Giorgio De Chirico, Carlo Carrà, lo stesso Soffici, libero di sperimentare collage e tecniche apprese probabilmente e Parigi e grazie alla frequentazione con Picasso, e che suscitarono perfino l’attenzione di Guillaume Apollinaire: "La Ghirba, journal di front des soldats de la Ve armée italienne, publie des caricatures du lieutenant Ardengo Soffici, caricatures puissantes très singulières d’apparence [...]" scriveva il poeta nella primavera del 1918.

Pubblicano sul Montello, di fatto organo futurista al fronte, il volontario Mario Sironi, autore qui di vignette dai tratti brutali e dai toni scurissimi e tetri che saranno propri della sua successiva produzione, ma anche, assai più lieve e brioso, il poeta “paroliberista” Francesco Cangiullo. Mentre sulla Trincea e sul Signorsì è protagonista il disturbante e poco classificabile Aroldo Bonzagni, già firmatario nel 1910 del Manifesto dei pittori futuristi, pittore e illustratore sospeso tra un simbolismo maledetto e un crudo realismo di matrice quasi espressionista, e che sarebbe morto di spagnola appena un mese dopo la fine del conflitto.

Dalle migliaia di illustrazioni e vignette pubblicate in quei mesi di guerra, dalle decine e decine di nomi di artisti più o meno noti al pubblico, emerge insomma una varietà e ricchezza di esiti e ricerche che rende singolarmente feconda l’esperienza della illustrazione di guerra, e il Fondo Luxardo una miniera di materiali e di fonti il cui interesse e il cui valore figurativo e di testimonianza superano la contingenza storica per arrivare – intatti – fino a noi.»

La mostra è promossa dal Comune di Udine - Civici Musei, con il sostegno della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Struttura di missione per gli Anniversari di interesse nazionale, della Regione Friuli Venezia Giulia e con il contributo della Fondazione Friuli.