Il Senato ha approvato ieri il disegno di legge delega sul contrasto alla povertà con 138 Sì, 71 No, 21 astenuti. Il provvedimendo che già era statgo approvato alla Camera, adesso è legge. Vista la tipologia del ddl, sta ora al Governo mettere in pratica gli indirizzi della legge con dei decreti attuativi che dovranno trovare applicazione entro 6 mesi.

Considerate le esperienze del passato che indicano ritardi di mesi se non di anni nella realizzazione di decreti attuativi da parte dei vari governi che ultimamente si sono succeduti alla guida dell'Italia, i complimenti che i vari partiti che hanno approvato la legge si sono fatti sembrano alquanto fuori luogo se paragonati all'urgenza con cui gl indirizzi della legge dovrebbero trovare applicazione.

Il motivo di cui rallegrarsi non è francamente ben chiaro. Il reddito di inclusione, così è definito il provvedimento, prevede per chi ne potrà usufruire l'accettazione a un progetto personalizzato di inclusione, in base al quale riceverà un supporto economico in parte in denaro, in parte in servizi alla persona.

A beneficiarne saranno 400mila nuclei familiari per un numero di persone che si aggira intorno al milione e mezzo. La preferenza sarà data a famiglie con figli minori o con figli disabili, donne in gravidanza e disoccupati che avranno oltre 55 anni. In denaro, queste persone riceveranno mensilmente meno di 500 euro.

Allo scopo, il governo avrebbe stanziato 4 miliardi di euro in due anni, dal 2017 al 2018, per soddisfare le necessità di questo intervento da cui però resta fuori una platea di persone, oltre 4 milioni, che già adesso in base al reddito avrebbe diritto di far parte del programma.

Quindi, se uno volesse capire la soddisfazione di maggioranza e Governo per un provvedimento che già da subito sarà solo un palliativo, ammesso che riesca mai a partire entro sei mesi, è difficile da spiegarlo.

A controbilanciare il reddito di inclusione, il Partito Democratico che dice di essere socialista, ha approvato nell'ultima legge di bilancio  un provvedimento che consente ai cosiddetti paperoni residenti all'estero di richiedere un regime fiscale forfettario privilegiato (100mila euro), esteso anche ai familiari (25mila euro), sui redditi prodotti all'estero nel caso trasferiscano in Italia la propria residenza fiscale.

Semmai ne avessimo avuto bisogno abbiamo avuto l'ennesima riprova di cosa sia l'uguaglianza sociale per il Partito Democratico.