La quinta sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta da Annamaria Gatto, ha assolto ieri con formula piena nove ex manager di Pirelli dall'accusa di omicidio colposo e lesioni gravissime per 28 casi relativi ad operai che hanno lavorato negli stabilimenti milanesi della Pirelli e che sono morti o risultano ammalati a causa di malattie riconducibili alla presenza di fibre di amianto.

I familiari delle vittime, alla lettura della sentenza, hanno urlato "vergogna" mostrando uno striscione in cui era scritto "gli operai sono stati uccisi due volte, dai padroni e dai giudici". Evidentemente non escludevano che il processo potesse avere questo esito.

Al di là delle motivazioni tecniche che hanno indotto la corte a propendere per questo giudizio, resta il fatto che chi ha lavorato per contribuire allo sviluppo dell'azienda è morto o è gravemente malato perché l'azienda non ha tutelato, consapevolmente o meno, la sicurezza di quei lavoratori.

Ma se i manager sotto processo non sono responsabili di quelle morti, si può allora affermare che lo siano i lavoratori che hanno subito le conseguenze per aver prestato la loro manodopera ed aver avuto fiducia nell'azienda per cui lavoravano? Difficile sostenerlo. Ma se neppure loro sono colpevoli, allora chi è colpevole? E, soprattutto, perché quei lavoratori si sono ammalati a causa dell'amianto?