In un proprio comunicato stampa, il comune di Roma ricorda che "nel 2015 si era proceduto ad un riassetto della Soprintendenza speciale per il Colosseo e l’area archeologica centrale di Roma: non solo ne erano state rideterminate le competenze ma la gestione del patrimonio (Colosseo, Foro romano, ecc.) e l’esercizio della tutela sull’area del Centro storico dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità erano state riunite in un unico ufficio, dotato di autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile.

Con l’entrata in vigore del decreto del Mibact è stato costituito un nuovo istituto denominato Parco Archeologico del Colosseo. Così facendo si è sottratto alla Soprintendenza speciale gran parte delle sue risorse, in massima parte derivanti dalla gestione del Colosseo, mentre si estende il suo perimetro al territorio di Roma, e la si è privata di fatto della possibilità di incidere positivamente per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio monumentale della Capitale.

Al Parco Archeologico del Colosseo sono state attribuite competenze di tutela e valorizzazione sull’area centrale della città che comprende sia la parte di proprietà statale (Colosseo, Foro romano, Palatino e Domus Aurea) che quella di proprietà comunale (Fori imperiali, Circo Massimo e Colle Oppio).

Questo nuovo assetto di competenze appare in contrasto con l’Accordo di valorizzazione in base al quale Mibact e Roma Capitale si impegnavano a costituire entro la fine del 2015 un Consorzio per la gestione della medesima area (la piantina che individua l’area di competenza del nuovo Parco Archeologico è la stessa allegata al testo dell’Accordo). Inoltre si crea un altro ostacolo all’integrazione e connessione all’area archeologica al tessuto sociale e urbanistico di Roma Capitale, espressamente prevista, invece, nell’Accordo."

Questa ricostruzione - come dichiara la stessa Virginia Raggi - è alla base del "ricorso contro la decisione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo di ridimensionare la Soprintendenza speciale di Roma per istituire il Parco Archeologico del Colosseo. È un atto molto importante perché, da sindaca di Roma, non posso accettare che dall’alto vengano calate scelte che compromettano la gestione della città e la vita dei suoi cittadini."

Il ministro Franceschini non entra nel merito di questa ricostruzione, evidentemente non ha argomenti per farlo, ma si "infuria" per l'accusa di come sarebbero ripartiti gli introiti provenienti dal Colosseo nella ricostruzione fatta dalla sindaca di Roma: "Ora ripeto in due righe la verità, che risulta dagli atti e non è contestabile:

prima delle riforma l'80% degli incassi restava su Roma per il Colosseo, i Fori e il resto del patrimonio statale, mentre il 20% andava al fondo di solidarietà nazionale, come fanno tutti i musei statali italiani a favore dei musei più piccoli;

dopo la riforma l'80% degli incassi resta su Roma per il Colosseo, i Fori e il resto del patrimonio statale, mentre il 20% va al fondo di solidarietà nazionale, come fanno tutti i musei statali italiani a favore dei musei più piccoli.

Notate qualche differenza? Chi non ci crede può andare (o sarebbe potuto andare..) a vedere il DM 12 gennaio 2017 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.58 del 10.3.2017."

Che cosa aveva affermato la Raggi in prorposito? Che "secondo il disegno del ministero, infatti, gli oltre 40 milioni annui di ricavi che frutta le gestione di Colosseo e Fori entreranno nelle casse del nuovo ente ministeriale, il Parco Archeologico. Mentre prima erano affidati per l’80% alla gestione della Soprintendenza speciale che in futuro dovrebbe ricevere solo il 30%."

Secondo Franceschini tutto sarebbe uguale a prima, ma si dimentica di sottolineare un particolare non secondario: il controllo dell'area che diventa esclusiva gestione di un ente che risponde solo (o quasi eslusivamente) al ministero e, quindi, è difficile credere che poi gli introiti ricavati potranno essere utilizzati anche in base alle indicazioni del Comune.

Non è un aspetto irrilevante che un Comune possa partecipare o meno alla destinazione delle risorse anche in relazione all'organizzazione del proprio territorio. Curioso che Franceschini non lo abbia fatto notare... eppure non è tanto illogico che un Comune pretenda di partecipare, anche in accordo con un ministero, alla gestione dei propri beni.