Il Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA) è la sigla che identifica l’accordo economico e commerciale tra Unione europea e Canada. Il CETA, già approvato dal parlamento Europeo, per entrare in vigore deve ottenere la ratifica anche di tutti i singoli parlamenti degli Stati dell'Unione europea.

Martedì 27 giugno la commissione Esteri del Senato ha dato il primo via libera al disegno di legge che ratifica il CETA. Adesso il ddl dovrà passare all'esame dell'aula. Tutto questo nel pieno disinteresse dei media e nella più completa disinformazione dei cittadini da parte delle istituzioni. I politici italiani voteranno, quasi sicuramnete, a favore del provvedimento senza averne informato gli italiani.

Ma, al di fuori del Governo e dei partiti di maggioranza, tra coloro che sono informati del CETA e delle conseguenze che potrà causare all'Italia l'atteggiamento nei confronti del trattato non è certo positivo.

Per tale motivo, mercoledì 6 luglio, Cgil, Arci, Adusbef, Coldiretti, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch con i loro rappresentanti hanno manifestato in piazza Montecitorio per protestare con le istituzioni per la ratifica dell'accordo e per informare l'opinione pubblica di quanto sta avvenendo, pretendendo, perlomeno, una discussione più approfondita in merito.

Un dei problemi relativi al CETA - sollevati nella manifestazione odierna - riguarda la tutela del Made in Italy. La Coldiretti ha elencato le imitazioni delle specialità italiane prodotte in Canada, dai formaggi ai salumi, che grazie al CETA potranno essere legalmente vendute ai consumatori di tutto il mondo.

Conviene all'Italia accettare di far fare concorrenza alle aproprie eccellenze alimentari da prodotti che nulla hanno a che vedere con l'originale come il Parmigiano, i San Marzano o il Fontina prodotti in Canada?

Sono solo 41 i prodotti tutelati dal CETA, ma l’Italia ha oltre 300 marchi tra Dop, Doc, Igp, Igt e altri, e se nel numero vengono inseriti anche vini e olii i prodotti denominati e garantiti arrivano a circa 2mila. Qual è la convenienza per l'Italia e i suoi produttori nel rinunciare a proteggere questa eccellenza alimentare mettendola a rischio di contraffazione, sofisticazione e adulterazione?

Per Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, siglando questo accordo, «la presunzione canadese di chiamare con lo stesso nome alimenti del tutto diversi è inaccettabile, perché si tratta di una concorrenza sleale che danneggia i produttori e inganna i consumatori.

Si rischia di avere un effetto valanga sui mercati internazionali, dove invece l’Italia e l’Unione europea hanno il dovere di difendere i prodotti che sono l’espressione di una identità territoriale non riproducibile altrove, realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione e sotto un rigido sistema di controllo.»

Ma un altro problema con il CETA è la questione salute relativo ai disciplinari di produzione che in Canada consentono l’uso di prodotti proibiti in Europa, come ogm, antibiotici, ormoni della crescita, glifosato. Come ritenere che tutto questo non possa avere conseguenze nella sicurezza delle produzioni alimentari?

Infine, nel trattato è prevista la possibilità che le multinazionali possano ricorrere a tribunali arbitrari extragiudiziali qualora considerino i propri investimenti messi a rischio dalle decisioni di governi, amministrazioni locali o enti pubblici in genere, prevedendo in tal modo uno status giuridico ad hoc diverso da quello dei normali cittadini, tutelando così gli interessi delle grandi aziende. Come è possibile accettare tutto cio? Ed in base a quale convenienza?