Medici Senza Frontiere, già lo scorso 27 luglio pubblicandole anche sul proprio sito, aveva elencato una serie di problematiche nel nuovo codice di condotta stilato dal ministero dell'Interno, cui le ONG che operano nel Mediterraneo per trarre in salvo i migranti che lo attraversano si dovrebbero attenere, e le aveva fatte presenti in una lettera inviata al ministero.

Questi alcuni dei punti relativi agli impegni richiesti dal ministero, di cui Medici Senza Frontiere voleva chiarimenti:

- chiarire che la presenza della polizia giudiziaria sulle navi delle ONG non sarà permanente;
- menzionare esplicitamente che i funzionari di polizia giudiziaria non saranno armati;
- garantire che venga emessa un’autorizzazione preventiva da parte dello stato di bandiera della nave, prima che un funzionario di polizia giudiziaria di un altro stato possa salire a bordo;
- chiarire dove e in quali circostanze la polizia giudiziaria può salire a bordo (acque internazionali, acque territoriali, acque contigue, porti);
- garantire esplicitamente che la nostra assistenza medica e umanitaria non verrà ostacolata dalla presenza della polizia. In particolare, che i funzionari di polizia non entreranno nelle strutture mediche e non interferiranno nelle attività mediche sul ponte né nelle attività di soccorso; che la confidenzialità medica sarà in ogni caso rispettata; che il carattere umanitario del nostro staff sarà rispettato e non verrà chiesto ai nostri operatori di fornire supporto diretto alle attività di polizia.

Il 31 luglio era il giorno il cui le ONG avrebbero dovuto firmare il protocollo, ma MSF non lo ha fatto spiegando in una lettera i motivi: "Nel corso delle ultime settimane, abbiamo condiviso con il suo Ministero una serie di preoccupazioni sul Codice di Condotta, richiedendo chiarimenti su temi specifici e sollecitando emendamenti sostanziali che ciavrebbero messo nelle condizioni di poter firmare il documento. Dopo un’attenta valutazione della versione conclusiva del Codice, riconosciamo che sono stati fatti sforzi significativi per rispondere ad alcune delle osservazioni presentate da MSF e dalle altre organizzazioni. Tuttavia alcune delle preoccupazioni e richieste che abbiamo indicato nella lettera del 27 luglio scorso sono state lasciate senza risposta. Le linee di riferimento e l’impianto generale del Codice – dobbiamo dirlo con chiarezza – sono rimasti sostanzialmente immutati. Per questa ragione, con dispiacere e dopo attenta considerazione, riteniamo che allo stato attuale non sussistano le condizioni perché MSF possa sottoscrivere il Codice di Condotta proposto dalle autorità italiane."

MSF ha anche aggiunto, dopo aver assicurato di aver sempre operato "in piena conformità alle norme vigenti, nazionali e internazionali", che continuerà ad operare nel rispetto di "quelle disposizioni del Codice che non sono contrarie ai punti sopra illustrati, tra cui quelle relative alle capacità tecniche, alla trasparenza finanziaria, all’uso dei trasponder e dei segnali luminosi. Confermiamo inoltre l’impegno a coordinare ogni nostra iniziativa con l’MRCC e anche a garantire l’accesso a bordo di funzionari di polizia giudiziaria, secondo quanto sopra espresso, così come la collaborazione costruttiva con le autorità italiane, nel pieno rispetto degli obblighi di legge."

Tra le altre ONG che operano nel tratto di Mediterraneo tra Sicilia e Libia hanno firmato l'accordo voluto dal ministro dell'Interno Minniti solamente Migrant Offshore Aid Station (MOAS) e Save the children, mentre Proactiva Open Arms ha solo comunicato la volontà di sottoscrivere l’accordo.
Jugent Rettet - come MSF - non ha firmato, mentre Sea watch, Sea eye, Association europeenne de sauvetage en mer (Sos mediterranee) non si sono neppure presentate.

Secondo quanto dichiarato dal Direttore Generale Valerio Neri, "la decisione di Save the Children di firmare è arrivata dopo una valutazione all’interno dell’Organizzazione, a livello nazionale e internazionale, ed è unicamente dettata dalla volontà di garantire continuità alle operazioni di salvataggio, in modo trasparente e ristabilendo il giusto clima di fiducia e collaborazione".

Save the Children ha aggiunto che "monitorerà costantemente che l’applicazione del nuovo Codice di Condotta non ostacoli l’efficacia delle operazioni di ricerca e salvataggio in mare da parte delle ONG", rammaricandosi "del fatto che non si siano create le condizioni necessarie per l’adesione di tutte le ONG al Codice di Condotta", esprimendo comunque "il pieno rispetto per tutte le posizioni espresse sulla base delle diverse identità e prassi".

In merito all'accordo, il ministero dell'Interno ha ricordato che "l’adesione avrebbe consentito di essere parte di un sistema istituzionale finalizzato al soccorso in mare, all’accoglienza e alla lotta al traffico degli esseri umani, senza in nessun modo interferire nei principi fondanti le singole organizzazioni.

L’aver rifiutato l’accettazione e la firma pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse. In una condizione diversa, saranno invece parte integrante le ONG che hanno sottoscritto il Codice."

Ad esser sinceri, la dichiarazione del ministero, alquanto sibillina e in parte minacciosa, non fa però ritenere che nella sostanza cambierà realmente qualcosa nelle procedure di soccorso e salvataggio. Probabilmente, aumenterà solo la confusione e provocherà lungaggini burocratiche (che potrebbero anche essere ritorsive), mettendo a maggior rischio la vita di coloro che invece dovrebbero essere salvati il più rapidamente possibile.