«Questa qui mi sembra un po’ la donna del capitolo diciassettesimo dell’Apocalisse, la Babilonia insomma... Adesso brinda a prosecco, alla vittoria. Signora, arriveranno anche i funerali, stia tranquilla. Glielo auguro il più lontano possibile, ma arriverà anche quello.»

Questa frase, pronunciata il 3 febbraio 2016 nella sua consueta rassegna stampa del mattino su Radio Maria è costata a padre Livio Fanzaga, giornalista iscritto all’Albo dei pubblicisti, la sospensione per sei mesi dall’Ordine dei giornalisti.

La richiesta di sospensione è avvenuta con una petizione indirizzata ad Agcom, Fnsi e Unione Cattolica Stampa Italiana (Ucsi), oltre alla stessa Cirinnà che hja chiesto l’intervento dell’Ordine dei giornalisti nei confronti di Padre livio.

E così, una settimana dopo, il consiglio di disciplina dell’Ordine della Lombardia apre un procedimento per «verificare una possibile violazione delle norme deontologiche. L’8 giugno 2016 arriva la condanna a sei mesi di sospensione cui padre Livio si appella, ma inutilmente, cosicché il 15 dicembre 2016 la sentenza viene confermata.

Per rispettare la sentenza, Padre Livio si è dimesso da direttore della Radio ed ha cambiato la programmazione mattutina, modificando il "taglio" della sua rassegna stampa, ignorando temi della politica italiana e dedicandosi soprattutto a temi internazionali che avessero attinenza con il carattere spirituale della radio. Trasmissione che continua ancora ad oggi a mantenere questo nuovo formato, anche dopo che la sentenza di "sospensione" è stata scontata.

La sospensione è stata inflitta in riferimento all’articolo 2 della legge professionale, comma l, "per aver tenuto un comportamento lesivo della professione nell’inosservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui e dell’articolo 9 del Codice Deontologico".

Ma l'aspetto paradossale della vicenda che ha visto protagonista padre Fanzaga, oltre alla condanna in sé, è il fatto che questa sia avvenuta sulla base di un'interpretazione dell'appellativo prostituta riferito alla donna del capitolo 17° dell'Apocalisse che, teologicamente va inteso come idolatra. Pertanto, dei giornaisti che di teologia nulla sanno, hanno condannato un prete per non essere stati in grado di capire (oltre che conoscere) l'esatta insterpretazione di un brano della sacra scrittura.

E per fortuna che l'Italia è un paese libero e democratico dove viene tutelata, anche nella Costituzione, la libertà di espressione.