Conclusa la prima fase di analisi dei fabbisogni delle 30 professioni sanitarie che operano nel settore dell'assistenza. La prossima tappa è la determinazione del numero di posti a bando nelle Università per il 2017-2018, ma le proiezioni analizzano domanda e offerta fino al 2035 e mostrano un fabbisogno di circa 100mila operatori sanitari in più rispetto agli attuali, sia nel pubblico che nel privato. Ma medici e farmacisti fanno eccezione. Per i primi il turn over sarà sufficiente a garantire il fabbisogno mentre i secondi rischiano un alto numero di disoccupati se non si porrà freno agli accessi universitari.
Nei prossimi venti anni (fino al 2030-2035) al Servizio sanitario, pubblico e privato che sia, serviranno almeno 100mila professionisti in più secondo i calcoli delle Federazioni e delle associazioni che li rappresentano. Quasi tutti concentrati nelle professioni sanitarie dei cosiddetti “profili”: infermieri, tecnici sanitari, della riabilitazione ecc. Ma le Regioni frenano e secondo le loro stime il numero attuale, al massimo con circa 5mila unità in più in media, va bene così.
La situazione però non è uguale per tutti. La richiesta più alta è quella degli infermieri, che rappresentano anche la professione più numerosa e che arriva a chiedere oltre la metà dei 100mila nuovi professionisti per far fronte alle necessità emergenti del territorio. I medici frenano le nuove richieste e, semmai, spingono per avere più posti nelle specialità e lo sblocco del turn over senza il quale, essendo la professione più “anziana”, di qui a pochi anni rischiano un’emorragia di oltre 30mila professionisti senza sostituzioni. I farmacisti d'altro canto vorrebbero una marcia indietro: troppi laureati che fanno prevedere una disoccupazione tra venti anni di oltre 60mila unità: al massimo tra venti anni ne servirebbero 2-3000 in più mentre ora se ne laureano circa 4000 ogni anno.