"Te, 'l mi' babbo me lo lasci sta'. Tu l'ha' 'hapito o no?" La traduzione in italiano della frase espressa in vernacolo fiorentino sarebbe, più o meno, "non tirare in ballo mio padre".

Ed è questo che Matteo Renzi ha voluto far sapere a Beppe Grillo in uno scambio di vedute, tramite internet, riguardo politica e famiglia.

Ieri, Grillo, in un post sul suo blog, aveva commentato tra il sarcastico e l'indignato una frase alquanto infelice detta da Matteo Renzi durante un'intervista alla trasmissione otto e mezzo su La7.

In merito alla vicenda del padre, Renzi aveva detto che se ne fosse stata dimostrata la colpevolezza "per mio padre doppia condanna". Tanta deve essere la fame di potere di Matteo Renzi che lo spettatore, ascoltando quelle parole, ha avuto la sensazione che il figlio fosse disposto a sacrificare il padre pur di non venire neppure sfiorato dall'ombra di un'accusa nella vicenda Consip che vede coinvolto Tiziano Renzi.

E così Grillo ne ha approfittato scrivendo: "Si comporta come l'ultimo cucciolo di alien, quello bianco (mezzo uomo e mezzo alien) nasce e si mangia la madre. Così come il menomato morale dice: "per mio padre doppia condanna", lo esclama così... con l'intensità morale di un'ordinazione al bar del circolo dei compagni di merende. [...]

Ma cosa vuol dire "per mio padre doppia condanna"? E poi, cosa significa questa girandola di accuse incomprensibili? Una cosa alla volta: sicuramente nessuno avrebbe mai pronunciato una frase del genere prima di oggi, che sia gente malata lo dico da sempre: arrivismo e sterile incapacità a riconoscere le emozioni proprie e degli altri: insomma il travestitismo morale alexitimico."

In sostanza, Grillo ha paragonato Renzi al Signor Spock, definendolo incapace di provare qualunque emozione. Imperturbabile nel suo obbiettivo di raggiungere il potere.

Poteva far finta di nulla il politico rignanese di fronte ad un'accusa simile, lui che della retorica familiare da bacio perugina - in cui amore e abbracci si fondono nella speranza del futuro - fa uno dei suoi cavalli di battaglia?

E così, invece di lasciar perdere e far finta di nulla, dall'alto del suo grado di statista di livello mondiale glorificato da Barack Obama che gli ha persino dedicato l'Ultima Cena, Matteo Renzi è sceso nel cortile e, come una comare qualunque, ha risposto a Grillo facendo ricorso alle sue solite armi, la retorica becera, mescolata alla battuta avvelenata: "Ma tu, caro Grillo, oggi hai fatto una cosa squallida: hai detto che io rottamo mio padre. Sei entrato nella dinamica più profonda e più intima – la dimensione umana tra padre e figlio – senza alcun rispetto. In modo violento. [...]

Per decidere chi è colpevole e chi no, fa fede solo il codice penale, codice che pure tu dovresti conoscere, caro Beppe Grillo."

Lo scambio di battute tra comari astiose o tra avventori da bar, a seconda delle preferenze, è sicuramente divertente. Lo diventa un po' meno pensando al fatto che questi finiranno per essere i contenuti della campagna elettorale prossima ventura, contenuti a cui gli elettori dovrebbero appassionarsi dividendosi, come se assistessero ad una partita di calcio, nel sostenere l'uno o l'altro contendente in base a quanto l'ultima battuta sia stata più o meno arguta, offensiva o divertente.

Tutto questo potrebbe apparire originale e persino piacevole se non fosse che sta accadendo in un paese che è ben oltre l'orlo del baratro e, da tempo, vi sta precipitando, mentre le comari si stanno tirando i capelli e stracciando le vesti.