Sono in molti ormai, negli ambienti politici internazionali, a chiedersi se quello in Turchia sia stato un vero colpo di stato oppure una messa in scena orchestrata da colui contro cui era apparentemente diretta, cioè il presidente Erdogan.

Altri, più benevoli nei confronti del presidente turco, ipotizzano che ne fosse almeno informato e non abbia fatto nulla per fermarlo preventivamente. Sono molte le considerazioni che finiscono per avvalorare queste ipotesi.

Un colpo di stato non avviene da un giorno all'altro, anche uno condotto in modo quasi dilettantesco come quello in Turchia. Considerando come è strutturato l'esercito e data la presenza di un servizio segreto militare, è perlomeno molto improbabile che il capo di stato maggiore o addirittura lo stesso Erdogan non ne siano venuti a conoscenza.

Oltretutto l'esercito è sempre stato un sorvegliato speciale almeno fin dal 2004, da quando cioè cominciarono a circolare le prime voci di un possibile colpo di stato. Da sempre fra i militari prevale una corrente che vorrebbe la Turchia uno stato laico e moderno, decisamente in contrasto con un regime come quello di Erdogan, spostatosi sempre più su posizioni islamiste per puri scopi elettorali.

Moltissimi dubbi nascono anche dal relativamente esiguo numero dei golpisti e dalla loro evidente impreparazione. Per quello che abbiamo potuto vedere non sono riusciti a prendere il controllo di radio e televisioni e a chiudere efficacemente i ponti. Ci siamo trovati di fronte alla mancanza di una reale catena di comando, senza la quale è impossibile bloccare la macchina dello stato e impedirle di contrattaccare.

I golpisti erano chiaramente contro Erdogan, ma non hanno chiarito i motivi che li hanno spinti all'azione. Non si sa se erano contrari al modo in cui vengono trattati i Curdi e su come viene gestito il conflitto nei loro confronti oppure se intendevano opporsi alla progressiva islamizzazione del paese. Oppure, in alternativa, si trattava di una questione di politica estera e della posizione ambigua di Erdogan nei confronti dell'Isis?

Come sempre per capire se sia stata una messa scena o meno, bisogna vedere chi ha tratto vantaggio dall'accaduto. Importante è sempre il cui prodest.

E qui non ci sono molti dubbi, la risposta è facile. A trarne i maggiori vantaggi è proprio colui contro il quale il supposto golpe era diretto: Erdogan.

Il presidente turco ha ora la possibilità di ripulire l'esercito da quanti anche lontanamente possano essere sospettati di opposizione al regime. Ma non si fermerà lì.

Avere attribuito la responsabilità del golpe al suo nemico di lunga data, il predicatore islamico Fethullah Gülen (nella foto sopra), che dal suo esilio negli Stati Uniti è molto improbabile che abbia avuto qualcosa a che fare con la rivolta dei militari, dà comunque ad Erdogan la possibilità di fare pulizia in tutta l'amministrazione dello stato, allontanando dal loro posto tutti i sostenitori di Gülen.

Lo scontro con Gülen aveva raggiunto toni particolarmente aspri già nel dicembre 2013, quando vennero alla luce episodi di corruzione che coinvolgevano persone vicine al presidente, compreso il figlio Belal.

Erdogan ritenne che la responsabilità delle accuse fosse da attribuire a poliziotti e magistrati gulenisti, che anche allora furono colpiti duramente.

Il colpo di stato consente a Erdogan di modificare ancor più di quanto non abbia già fatto in passato il sistema politico turco, dandogli un'impronta di maggiore presidenzialismo, per aumentare ulteriormente il suo potere.

Erdogan può essere stato capace di questo? Certo non lo possiamo escludere. Da chi ha inasprito il conflitto con i Curdi al solo scopo di aumentare il consenso elettorale, possiamo aspettarcelo.