«Poi ci dovremo chiedere, per la millesima volta, quale gara stiano correndo i giornali, e le procure, con lo smercio di notizie a immediata condanna di piazza. Ma il punto – l’enormità – è un altro: c’è stato un tempo in cui si discuteva dell’uso politico della giustizia. Poi si è passati a discutere degli errori giudiziari, e delle decine e decine di politici prosciolti o assolti dopo l’allegra gogna nazionale. Ora, se tutto sarà confermato, ci troviamo di fronte a un corpo dello Stato che fabbrica e manipola e occulta prove contro lo Stato medesimo, contro il presidente del Consiglio, contro un suo ministro e strettissimo collaboratore. Ed è su un episodio di tale portata eversiva che si è condotta battaglia politica. Se non ci fermiamo, siamo perduti.»

Quanto sopra riportato è pubblicato, a firma di Mattia Feltri, sul sito del quotidiano La Stampa. Il commento riguarda gli ultimi sviluppi, o presunti tali, dell'inchiesta Consip che vede coinvolti, a diverso titolo, i vertici dell'azienda e personaggi direttamente e indirettamente legati al governo del Paese nel 2016.

Qual è il motivo per cui Mattia Feltri parla di eversione di Stato? Il seguente. Una trascrizione dell’intercettazione ambientale tra Italo Bocchino e Alfrefdo Romeo, in cui a quest'ultimo veniva attribuito il riferimeno a Tiziano Renzi in relazione alla frase "Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato".

Questo è quanto aveva trascritto il capitano dei carabinieri del Noe Gianpaolo Scafarto, adesso finito sotto indagine a causa di tale attribuzione.

Invece, secondo gli inquirenti di Roma che adesso stanno svolgendo le indagini, la frase era stata pronunciata da Bocchino - che ha già affermato di non aver mai incontrato e conosciuto Tiziano Renzi - e che si riferiva, probabilmente, al figlio Matteo, incontrato in occasioni pubbliche.

Questo elemento dell'inchiesta, aggiunto al fatto di aver scambiato - sempre da parte di Gianpaolo Scafarto - dei tizi qualunque come agenti dei servizi segreti, ha fatto dire da ieri alla quasi totalità dell'informazione mainstream che ciò era più che sufficiente a trasformare l'inchiesta Consip in una bolla di sapone, se non in una vera e propria bufala o addirittura, come pubblica La Stampa, in un esempi di "eversione di Stato".

Ma quanto sopra emerso non chiarisce altri elementi dell'inchiesta. Infatti, un legame tra Alfredo Romeo e Tiziano Renzi esiste ed è ben concreto, rappresentato da Carlo Russo, amico di famiglia e legatissimo a babbo e mamma Renzi.

Intercettati i due (Russo e Romeo) parlano dell'acquisto de l'Unità da parte di Romeo come mezzo per accreditarsi presso i vertici del PD per ottenere successivi favori.

Inoltre, secondo Alfredo Mazzei, esponente PD di Napoli, Romeo e Tiziano Renzi si sarebbero incontrati a pranzo: «Romeo mi raccontò che Russo aveva organizzato un pranzo o una cena in un ristorante di Roma a cui, oltre allo stesso Russo, vi era il Tiziano Renzi».

Inoltre, agli atti dell'inchieta vi sono dei pezzi di carta trovati tra i rifiuti di una discarica in cui – secondo gli investigatori – si fa riferimento a Tiziano Renzi. Su uno dei fogli ritrovati c’è scritto: "30.000 per mese – T." e "5.000 ogni 2 mesi R.C". Queste sigle, secondo gli investigatori, corrispondono rispettivamente a Tiziano Renzi e a Carlo Russo. Possibile? Da verificare. Quel che invece è fuori da ogni dubbio è che la calligrafia di chi ha scritto quelle parole appartenga a Romeo, perché lo ha confermato una perizia calligrafica della Procura di Roma.

Naturalmente, l'inchiesta Consip riguarda anche l'aspetto della fuga di notizie che vede indagato, tra gli altri, l'attuale ministro dello sport Luca Lotti, senza dimenticare che Romeo è in carcere per aver corrotto un funzionario Consip con 100mila euro.

E con questi elementi, perché l'inchiesta Consip secondo stampa, web e tv - riferiti ai media ufficiali - si sarebbe sgonfiata o dovremmo ritenerla tale? Come dimostra il richiamo all'eversione di Stato, parrebbe che i giornali siano stati indirizzati, se non motivati, a fare determinate valutazioni che nulla hanno a che fare con l'inchiesta nel suo complesso, tanto che rimane incredibile che possano parlare di insussistenza dei fatti in relazione ad aspetti quasi marginali, senza tenere conto di altre evidenze che, al momento, continuano a far parte degli elementi di prova dell'indagine che nessuno ha finora smentito.

Evidenze che continuano a dimostrare l'interesse di Romeo nel contattare i vertici del PD, i contatti tra un fedelissimo della famiglia Renzi e Romeo ed il coinvolgimento per un fuga di notizie di un politico che può essere considerato braccio destro di Renzi, senza dimenticare gli altri renziani coinvolti come Vannoni e Marroni.