L'ONU ha espresso "profonda preoccupazione" per quello che è stato definito un "incidente" nella battaglia che le forze della coalizione stanno combattendo per avere ragione delle ultime resistenze dell'Isis nella città irachena di Mosul.

L'incidente ha causato un numero elevato di vittime tra i civili, forse oltre 200, ed è avvenuto la scorsa settimana, venerdì 17 marzo, nel quartiere di al-Aghawat al-Jadidah, dopo una forte esplosione a seguito di un raid aereo contro le milizie dello Stato islamico.

Gli Stati Uniti, che operano a supporto delle forze irachene, hanno ammesso di aver effettuato un attacco nell'area dove sono stati registrati i decessi, ma ha aggiunto che sono ancora in corso indagini su quanto sia realmente accaduto.

Le vittime, il cui numero ufficiale è ancora in corso di definizione, sarebbero tutte da attribuirsi al crollo di un unico edificio.

Il comando militare iracheno, che ha finora recuperato 61 cadaveri, ha raccolto le testimonianze di alcuni sopravvissuti che hanno affermato che nell'edificio fossero state predisposte numerose "trappole esplosive" da parte dei militanti dell'Isis che poi avrebbero costretto i residenti a rifugiarsi negli scantinati utilizzandoli come scudi umani, mentre loro facevano fuoco contro i soldati dell'esercito iracheno.

Inoltre, non sarebbero state riscontrate le prove che l'edificio sia stato colpito da un ordigno lanciato da un aereo.

Fonti civili locali hanno invece affermato che dalle macerie dell'edificio crollato sono stati estratti 240 corpi. Le stesse fonti hanno ipotizzato che l'edificio sia collassato in seguito allo scoppio di un camion pieno di esplosivo che sarebbe stato colpito durante un attacco aereo.

Arrivata al sesto mese, la battaglia per riconquistare Mosul si sta combattendo nella città vecchia, nei pressi della moschea di al Nuri, dove il leader Stato islamico Abu Bakr al-Baghdadi ha proclamato tre anni fa la nascita del suo califfato, il cui territorio, che comunque va via via sempre più restringendosi, comprende parte dell'Iraq settentrionale e parte della Siria orientale.

La strage, qualunque sia il numero finale delle vittime, ha avuto scarsa eco sui media, "giustificata" da una guerra che ormai ha registrato decine di migliaia di morti e dal fatto che quanto di terribile possa accadere in medio oriente sia ormai normale - se non dovuto - per l'opinione pubblica occidentale.

Ne fanno da riprova le stesse parole della giornalista Lucia Goracci, inviata RAI nell'area, che ha descritto la vicenda come "piuttosto" grave.