Il cosiddetto Narcisista Maligno Perverso è il peggior incontro che esso stesso possa avere con il proprio essere. La natura di questa entità è primitiva, non evoluta, la più oscura della condizione umana. Anche se molti hanno usato etichette come cannibale intraspecie, vampiro d’anima, e altre, sono propenso a pensare che costui partecipi in personalità della morte, come già sottolineò Jung, tra altri.

Se questo corrisponde al male teologico e alle discussioni concettuali che tentano di esprimere un luogo antico facendo esistere qualcosa che definito non è, il bisogno di istanziare sopravvive in me, parassita forse del mio turbamento platonico che muove a particolari, universali, modelli, idee. Tuttavia un condizionamento sulla via di superstizioni potrebbe deviare una critica attenta.

Un’istanziazione, dunque, una sovrapposizione, una semplificazione appunto, un’insistenza che ovviamente non riesce ancora una classificazione categoriale con semplicità scevra da complessità e che perfora profondità. Ma forse è d’obbligo osservare più riferimenti ad unici individui, in discreta ragion cognitiva secondo misura, non raggruppando enti nel tentativo di riportare lettere in stampa schiave di una verità d’indicazione perseguibile, come accade leggendo manuali diagnostici.

Quindi? Ritengo sia questione che potrebbe trovar comprensione facendo luce sulle origini della vita. La ricerca deve essere gnoseologica per poter raggiungere completezza di comprensione ontologica. Se l'origine è primitiva, se la sopravvivenza ha una natura barbara, crudele, spietata, la vera essenza è il chaos. Un chaos che non è lo stesso ordinato e armonico che distingue la sostanza particellare in forma definita uomo. Questa materia segue o non segue il proprio dáimōn? Questa entità, in disaccordo con l'espressione di più parti, consegna, espelle, cede. Non sottrae. È un dare quello che ha. A quale scopo?

Non v'è da chiedersi come, ma v'è da chiedersi perché sia venuta al mondo. Dona ciò che per natura è. Aridità. Morte. Squallore. Vergogna. Sofferenza. Mancanza. Tenebra. Ecce Homo. Partecipa dell’assenza di vita e dell’illusione drammatica della pura realtà originaria di un incubo che trasforma la natura osservabile, sulla spinta della distruzione, nel tentativo di voler inglobare l’altro e soffocar la luce. La determinazione nell'atto di annientamento è forte.

Questo tipo di lotta che non include l’affrontare il cosiddetto sé, ciò che chiamo indicibile intimo essere, realizza domande sulla partecipazione al mondo, scaturite da dubbi e perplessità, su una condotta che in modo catastroficamente arduo non chiarisce se sia o meno cosa unheimliche. Il pericolo espresso non deve in alcun modo far pensare che la psicopatologia debba essere un'informazione utile a spostare l'attenzione. Questo perché sostengo le realtà vadano osservate. Esistenze aberranti di oscurità involuta non producono frutti sani e vivi. Ancora, l'umanità costituita nella civiltà occidentale pecca quando disattenzionata sulle scorie che non devono essere abbandonate alla deriva. Il richiamo dell’essere speciato funzionale e il mondo inteso quale società che produce e spreca non sono e non devono essere sottovalutatili.

La società dei consumi produce un’enorme quantità di scarti, anche umani. E non sa come smaltirli, Zygmunt Bauman, 2008. Un pensiero che muove a riflessione. L'amore come vincolo dovrebbe essere assunto dall’essere umano. A sapere che cosa è Amore. A sapere perché è. A sapere perché accade. E non solo come. A sapere discernere Eros e Kama da Agàpe e Philìa. Unico modo per continuare la mia ricerca è sottostare la mia egida di verità osservata e coerenza.