La morte è un fattore umano di pregna importanza. Va presa seriamente. Una serietà greca che nella nostra contemporaneità liquida non vive più di educazione utile ad agire secondo misura e comprensione. L'appiattimento umano è il segnale dell'estinzione del pensiero critico, del mutamento del piacere della "brevitate vitae" apprezzata secondo discernimento in superficiale godimento provato all'evitamento delle verità.

Il disagio si osserva nel quotidiano attraverso i mass media, preferendo il fuggire da responsabilità, vivendo di una aggressività psichica che partecipa della follia che ci abita. Senza indagar la stessa siamo inorriditi dalle manifestazioni più barbare, spaventati dall'osservazione in un continuum scioccante di quel che l’essere umano fa, ma senza mai porsi l’obiettivo di guardar oltre, giacché stupiti e quindi stupidi è bene, salto dal comodo gan eden che detiene la mandria è male. Il differir violenza e aggressività è di fondamentale importanza. Mentre la prima danneggia, partecipa di forza, la seconda è impulso spontaneo di vitalità, partecipa di grinta, è sanità, è creatività, appassionata, che consente di fare senza scadere in atto fallente, di fronteggiare le situazioni, di sentirsi vivi e partecipi.

Vi è una collera etica, giustificata dagli eventi e necessaria di fronte alle ingiustizie, in pieno controllo dei propri impulsi. Troppo spesso vien fatta molta confusione. Troppo spesso non si discerne per ignoranza o insipienza. Si traduce, si interpreta. Qual danno. Non si presta attenzione, non si vive seriamente. Ci si può spingere oltre i limiti in totale disarmonia. E lo si fa. Perdendo quella forma intradattiva, contributo di stabilità fisica e psichica della persona sana.

Mancando la spinta dirigente funzionale all'affermazione di sé e alla tutela della propria identità si rovina sul basso limite della mediocrità, ben voluta dal sistema che vede organismi e non soggetti globali. Se si assumesse l'attenzione che si può porre nello studiare una fiera al pari di serietà - innata o maturata - e rispetto per la vita, si coglierebbero senso e significato più prossimi a una realtà umana scevra di speranza e degna di concretezza.

Nella constatazione che la soggettività è venduta indissociabile dai dispositivi di sapere e potere che si estendono dalle istituzioni al rapporto dell'indicibile intimo essere con sé stessi, questo ànthropos - la forza tellurica che sembra pensi molto fuorché all'evidenza d'esser l'inadatta vernice che cola su un quadro planetario che già gli sopravviveva e comunque gli sopravvive - è strutturato secondo processi performativi sociali, tecnici, politici, culturali, religiosi, economici. Codesto sinolo, al più frammento di una scheggia di meteoroide che sulla creazione del mondo sarebbe stato un alito di vento e un giorno sarà un soffio in cima alla torre più alta del mondo. Ma non lo so di certo. Dove l'uomo è davvero uomo?